sabato 8 gennaio 2011

Report interno della terza tappa di Appignano con Sara Zavarise

(11-12 dic. 2010)

A cura di Théo Ercolano e Sara Zavarise


Sabato (15.00-21.00)

Presenti: Roberto, Raffele, Annalisa, Luana, Alessandra, Giuseppina, Lorena, Arianna, Luigi, Alice, Camillo

Assenti: Davide, Andrea, Valerio, Matteo.



Zero

Autopresentazione dei partecipanti e della formatrice.

Riassunto dei due incontri precedenti.

Schema del terzo incontro: generi del video partecipativo con focus su autonarrazione, di gruppo e personale; lettura approfondita dei progetti, revisione della scrittura e del budget; esercizi di ripresa; montaggio partecipato; distribuzione.


Uno

Domanda al gruppo: cos'è il video partecipativo, cosa hanno capito e colto dopo i primi due incontri. Luigi risponde sottolineando la componente laboratoriale e la potenzialità del PV come mezzo di autoespressione. Raffaele cita Zavattini e il cinema orizzontale.

Definizione di video partecipativo che sottolinea gli aspetti del laboratorio informale, dell'espressione di sè, della rottura di stereotipi mediatici. PV come patto tra formatore e partecipanti in cui i partecipanti hanno libertà e necessità di mettersi in gioco. (differenza tra gruppo costituito ad hoc – più difficile costruzione di questo patto e gruppo presistente con sue dinamiche proprie – più facile)


Due

Giro di aggiornamento sullo stato dei progetti. I gruppi raccontano cosa hanno fatto dopo il secondo incontro: principalmente scrittura.

Gruppo rugby è andato a vedere e filmare una partita.

Alice mette da parte provvisoriamente il suo progetto per mancanza di tempo per lavorarci.

Sara Zavarise rimanda a più tardi la lettura e commenti sui singoli progetti.



Tre

Generi. Che racconto proporre in un lab di PV?

Proiezione di “Il mio paese” e citazione di “Sea Fiction Palestina” come esempi in cui si è utilizzato i generi dell'inchiesta e della fiction per riflettere in modo originale su una determinata tematica affrontata in laboratorio.

Focus su autonarrazione.


Tre1: autonarrazione di gruppo. Racconto di lab 2g Padova e proiezione del video finale. Reazioni positive alla visione, interesse all'idea di realizzare un videoclip come strumento di autoespressione che portesse i partecipanti del laboratorio a parlare di sè.


Tre2: autonarrazione personale. Racconto di lab Bologna. Proiezione di Arman con due scopi: mettere in discussione il concetto di valutazione di progetto e realizzare un video sull'impossibilità di mostrare il volto (utile per il progetto “la grande abbuffata” in cui le partecipanti al laboratorio non si possono riconoscere).

Discussione sul PV come valutazione di progetto. Camillo dopo aver visto il filmato ritiene che quello sia uno strumento di valutazione qualitativa.

Sara Zavarise interviene: 1) sulla problematica di fare valutazione con gli stessi fondi del progetto da valutare (discussione sul problema della censura da parte di un donor); 2) sulla specifica connotazione del termine valutazione, da usare con cautela.



Quattro

Quattro1) Casa di mattoni. Lettura in gruppo dell'ultima versione del progetto. Suggerimenti di Sara Zavarise su come correggere la scrittura. Avevano confuso gli obiettivi con le azioni. Spiegazione del nesso fra obiettivi, azioni e risultati.

Sul progetto viene proposto di coinvolgere oltre ai ragazzi, anche 5 operatori della comunità. Perplessità di Sara Zavarise a lavorare con un gruppo formato sia dai ragazzi accolti nella casa famiglia che dagli operatori, per l'influenza del ruolo che gli operatori hanno sui ragazzi e per la disponibilità effettiva degli operatori. Il gruppo capisce la perplessità e si riserva di parlarne con Luigi, che ha pensato e scritto il progetto ma che è assente.


Quattro2) Rugby. Lavoro su versione ultima, del giorno prima. Lettura, commenti e riformulazione della scrittura. Non hanno previsto il numero di incontri di laboratorio perché lo vogliono concordare con la squadra. Invito a lavorare sul budget per alzarlo e renderlo più realistico.




Domenica (10.30-16.15)

Tutti arrivano la mattina in ritardo ma euforici e pieni di energia.


I membri del gruppo “grande abbuffata” rimangono con Sara Zavarise a discutere il progetto, mentre gli altri vanno a fare un esercizio di riprese in esterni: proposta di realizzare un'inchiesta sull'arrivo della fibra ottica ad Appignano.


Uno

Riprese per il video sull'arrivo della fibra ottica ad Appignano.

Sara Zavarise propone il tema e in gruppo si decide di affrontarlo alternando interviste ai passanti modello inchiesta per sottolineare il gap generazionale e immagini di cavi di fibra ottica che si infiltrano nel paese.

Divisione in due gruppi: uno per le interviste ai passanti, l'altro per le immagini, una telecamera a gruppo. Escono a fare riprese mentre Sara Zavarise discute il progetto con il gruppo “grande abbuffata”.


Due

Il gruppo grande abbuffata ha riscritto il progetto sulla base delle osservazioni di Stefano Collizzolli.

Progetto riformulato in modo molto più avanzato. Invito di Sara Zavarise a usare l'idea del cibo come una proposta per racconti autonarrativi e non come una ricerca autoriale. Invito a non mescolare racconto personale delle partecipanti al laboratorio con inchiesta giornalistica sulla tratta. Consiglio di fare prima il lab di autonarrazione e mettere da parte provvisoriamente l'inchiesta per possibili step successivi (es. molto utile di CUST come doc che esce da un percorso di lab). Forse il titolo verrà cambiato.


Tre

Fase di montaggio in un lab di PV.

Sara Zavarise spiega l'importanza della fase di montaggio come parte integrante di un lab di PV.

Sessione di montaggio partecipato con le riprese sulla fibra ottica.


Tre1. Visione delle interviste. Luigi fa l'intervistatore, Raffaele il cameraman. Le riprese seguono Luigi e non danno spazio agli intervistati: diventa un racconto del pedinamento di Luigi in giro per Appignano. Inoltre la qualità delle riprese viene ritenuta non sufficiente (troppo lontane, sovraesposte, audio non intelleggibile). Ci rendiamo conto di non poterle usare. Decidiamo di rifarle mandando tre persone a rifare le riprese mentre gli altri iniziano il montaggio delle immagini. Il gruppo coglie l'importanza in laboratorio di rifare le riprese con lo scopo di imparare.


Tre2. Montaggio parecipato delle immagini. Messa in fila, selezione e ordine. Immagini belle e significative di cavi e lavori nel paese.


Tre3. Tornano dalle riprese delle interviste. Visione delle riprese. Giusto coinvolgimento degli intervistati: 4 persone per strada o al bar che danno opinioni sulla fibra ottica rispondendo a queste domande: sai cos'è la fibra ottica? Sai che sta arrivando ad appignano? Tu usi internet? Facciamo una messa in fila delle interviste.

Premontiamo immagini ed interviste. Visione del premontato. Ci dobbiamo fermare per mancanza di tempo, ma potenzialmente c'è del materiale buono per realizzare un breve racconto video. Sara Zavarise invita a finire il lavoro in autonomia e pubblicarlo su blog. Il gruppo si dà appuntamento al sabato successivo per lavorare in autonomia e per finalizzare il video "Cavo Scoperto".

Conclusione sul montaggio, Sara Zavarise tira le fila di come condurre un montaggio quando il gruppo fa da regista.


Quattro

Distribuzione. Analisi di diverse forme di distribuzione, per concentrarsi sulla “distribuzione civile” di ZaLab.


Cinque

Conclusioni di Theo sulle due giornate e commenti.

martedì 4 gennaio 2011

VIDEO "CAVO SCOPERTO"

Ecco un piccolo lavoro realizzato durante il workshop con Sara Zavarise. Il tema era la fibra ottica, le riprese sono state effettuate da due gruppi di lavoro e poi riviste e selezionate in plenaria, il montaggio è stato rivisto in seguito una prima volta e poi successivamente una seconda volta.
Video "Cavo scoperto"

martedì 14 dicembre 2010

Incontro dell'11/12 dicembre con Sara Zavarise


Vorrei condividere alcune riflessioni sull'incontro svoltosi con Sara Zavarise.
Innanzitutto si è di nuovo ribadita l'importanza all'interno della metodologia del video partecipativo del patto formativo tra formatore e partecipanti. Alla base vi è sempre un'idea di condivisione, il formatore si mette in gioco e tra i partecipanti deve esserci voglia di espressione. Regola importante: nessun video viene diffuso fuori se non stabilito collettivamente.

Revisione dei progetti dei gruppi di lavoro alcuni spunti:
- mantenere il tema aperto e utilizzare il linguaggio della cooperazione nella scrittura dei progetti.
Non avere paura di non avere un tema, non mettere insomma davanti ai partecipanti un modello. Sono nate diverse discussioni in proposito come se esistessero due linee di intendere il VP: da una parte i puristi (il genere viene scelto dal gruppo), dall'altra coloro che preferiscono già suggerire un tema anche in previsione del poco tempo a disposizione o di eventuali discussioni con il donor.
Esempi di autonarrazione attraverso il racconto collettivo
Visioni: "Il mio paese", "Melodia jaguesa", laboratorio con seconde generazioni di Padova. Da sottolineare l'importanza della musica che poi indirizza i ragazzi verso il genere del videoclip

Esempi di racconto personale con richiedenti asilo e rifugiati insieme a studenti dell'Università di Bologna, progetto "Bologna Integra"
VP come strumento di valutazione del progetto, alcune discussioni e problematiche si sono sviluppate su questo tema (influenza del donor)

Ridefinizione del ruolo del formatore alla luce delle esperienze viste e dei dibattiti accesi. Suscitare idee e spunti per andare verso un dibattito e una certa direzione.
A volte una semplice domanda può innescare un dibattito e un capovolgimento di vedute e ruoli es. laboratorio di Biddu
------------

Domenica mattina si è affrontato un tema dal punto di vista operativo, l'idea proposta da Sara Zavarise è stata di lavorare sulla fibra ottica ad Appignano, raccogliere interviste opinioni su questo tema, visto che ci sono dei lavori in corso per il paese, cercare dunque di capire cosa ne pensassero le persone ed in particolare i giovani. Un gruppo realizza le riprese dei lavori e dei cavi. Un secondo gruppo lavora con le persone. Interviste molto simpatiche ma poco ravvicinate, attenzione posta più sull'intervistatore che sugli intervistati. Al rientro e presa visione delle immagini si decide di ripetere le interviste. Successivamente si inizia a compiere tutti insieme una prima selezione delle immagini girate, utilizzando il programma di montaggio.
Il montaggio partecipato funziona, il gruppo è attento e interviene in modo interessato e giustificando le proprie scelte, il gruppo diventa regista.
Riflessione: spesso per ragioni di tempo o di gruppo non si riesce a portare avanti il montaggio partecipato, ma se ne occupa il formatore, in questo caso però è buona cosa condividere almeno 2 passaggi di montaggio, chiarendo le possibilità aperte. Inoltre non affidare mai il montaggio ad un esterno al gruppo che non conosce buona parte del trainig.

Il workshop si conclude con l'obiettivo di rivedere la scrittura dei progetti e di concludere a breve il lavoro video svolto.

martedì 7 dicembre 2010

Report interno della seconda tappa di Appignano (20-21 nov. 2010) A cura di Théo Ercolano e Stefano Collizzolli // seconda parte

domenica
Presenti: Roberto, Raffaele (arriva dopo), Annalisa,  Alessandra (va via prima), Giuseppina, Lorena, Arianna, Luigi, Davide, Andrea, Camillo,
Assenti: Alice, Luana, Matteo, Valerio.


Uno:
commento della camera in circolo + irruzione teorica (camera come rispecchiamento del me/ costruzione della fiducia nel self e nel noi // azioni sociali di PV) 1 h
[metodologia.ppt, slides 2 e 3]
Commentando le immagini, ha parlato di più chi non era ripreso perché assente il giorno prima (!). A tutta prima, il gruppo non hanno considerato il ruolo dell'intervistatore, ma solo la faccia dell'intervistato, notando fondamentalmente: l'imbarazzo della telecamera; l'efficacia di alcuni rispetto ad altri (valutazione del contenuto, ed in termini di performance).Conduttore: come mai l'intervistatore non ha fatto domande personali? risposta:le domande personali sono difficili da fare e da subire (G., intervistata da S.: tu mi hai fatto una domana personale, e mi hai un pò ferita.).
A partire da questa concentrazione sull'immagine pubblica si apre il discorso sulla camera come oggetto che cristallizza il self e crea sfera pubblica/faccia pubblica/discorso pubblico - e quindi le azioni sociali possibili.

Due: racconto di Biddu 45''
[immagini oltre il muro vero.ppt + metodologia.ppt, slides 11-13]
Presentazione rapida e ex cathedra del percorso. Focus sulla scrittura negoziata e sul pubblico immaginato come elemento decisivo. Calendario. Formazione tecnica e scrittura come fatto unico (recuperando gli esercizi fatti e gli esempi precedenti).Visione film. Parecchie domande. In risposta ad una,  mancata visione per interdetto del padre.

Tre: esercizio di ripresa in esterni con esseri umani 45'
Compito: divisi in tre troupe; ogni troupe racconta un luogo (bar 1, bar 2, piazza dei bar, fortunatamente con bancarella di scarpe…) con tre minuti di immagini, che vanno preparate per almeno un quarto d'ora. Obbligatoria l'interazione con altri esseri umani. Farlo, e riflettere su come attrezzare un trainee a riprendere in esterni.
Molta voglia di farlo, ed altrettanto timore.
Gruppo A (scarpe): molta esitazione, poi approccio allo scarpaio forse con atteggiamento da giornaliste (prima risposta del venditore: mi raccomando poi non scrivete l'articolo). Poi intervista tripla: una cerca la personalità ed il racconto intimo, l'altra il ruolo del venditore e la situazione economica, la terza lo sguardo del venditore su Appignano.
Gruppo B (bar 1). Entrano al bar a farsi un aperitivo, attaccano bottone e dopo un pò, chiedendo il permesso, accendono la camera. Il Riccio racconta a lungo dei suoi problemi erettili e del del dottore bestia che gli ha prescritto delle pillole per la pressione che glielo fanno ammosciare. Brindisi vari (il motto del Riccio e del suo amico con i baffi è: solo il primo bicchiere, quello della mattina presto, fa male. Gli altri no: neanche l'ultimo). Riprese molto destrutturate, problema audio.
Gruppo C (bar 2). Primo approccio dentro al bar senza successo, poi fuori mettono in scena un'intervista-dialogo con un passante. Questo li ha visti uscire dal palazzo del Comune (dove si tiene il workshop), è stato approcciato da L con "conosco la sindaco" ed ha subito etichettato la troupe come emissari di partito o dell'amministrazione: filippica contro l'ampliamento della piazza.

Quattro: commenti delle immagini: 40' prima di pranzo e 20' dopo:

Ogni gruppo ha parlato delle proprie esitazioni (salvo il gruppo del Riccio).  La camera è stata passata di mano in mano. In genere l'idea base è: bisogna costruire un rapporto empatico, informale.
Il formatore insiste molto su come si presenta che fa riprese fuori: che definizio da di se (consciamente o inconsciamente). Questo frame costruito (e non del tutto in controllo di chi riprende: vedi gruppo C) orienta le riprese (il tipo del compagno di bevute, il tipo del giornalista, il tipo dell'attivista politico). Ragionamento sulla relazione. Poi un pò di commenti più tecnici (piani ed angoli di ripresa; difficoltà dell'osservazione; modi dell'intervista e traccia dell'intervista... )
Modello dire (intervista) fare (osservazione) baciare (relazione).


Cinque: divisi in sottogruppi, discussione di sviluppo dei progetti (gruppo, calendario, ruoli di lavoro e scrittura) 1h 15''
[recuperate e riproposte slides già presentate da vari files, e soprattutto da metodologia.ppt]
Imput: ripensate al gruppo ed al pubblico immaginato: tenendo questo in testa, riformulate i ruoli di lavoro e la fase della scrittura.
purtroppo poco tempo per questo passaggio, e poco tempo per restituzione finale alla plenaria dei lavori dei gruppi. Cmq inizio di riformulazione, ATTENDIAMO I PROGETTI via mail.
compiti per casa:
gruppo rugby: incontrare la squadra, riproporre il progetto, eventualmente fare delle immagini per un tesare.
gruppo casa di mattoni: incontrare i ragazzi, NON (ri)proporre loro il progetto, tendenzialmente non fare delle immagini, magari fotografie di sopralluogo
Gruppo tratta e cucina:  devono incontrare le donne SENZA proporre il progetto e SENZA fare immagini; e ripensarci.

Sei: chiusura 25'

Théo conduce la chiusura: suo feedback generale (il metodo mi era un pò estraneo, ma i video mi piacevano: quindi volevo capire cosa ci stava sotto. Le basi del progetto sono un pò le stesse: (gli intenti, il finanziamento ed il modo di ottenerlo, ecc). A Marsiglia l'essenza è di prendere la camera e di scrivere con la camera, non di discutere così a lungo su cosa e come fare.  Questo fa emergere la domanda: nella vostra esperienza, gli esercizi e le riflessioni hanno cambiato le riprese che avete fatto dopo? e come?
Risposte: si; gli esercizi mi hanno insegnato cosa sbagliavo; con l'esercizio fuori siamo partiti senza scrivere, e si è visto il risultato (maggiore libertà/maggiore destrutturazione); riprenderci a vicenda ha rotto una piccola barriera fra di noi, ed ha facilitato poi uno scambio più intimo fra di noi.

giovedì 25 novembre 2010

Report interno della seconda tappa di Appignano (20-21 nov. 2010) A cura di Théo Ercolano e Stefano Collizzolli

Di seguito, le note relative alla giornata di sabato. In corsivo, sotto al racconto della dinamica, nostri commenti, domande e stimoli di riflessività


A: Sabato (15.30-21.00)
Presenti: Roberto, Raffele, Annalisa, Luana, Alessandra, Giuseppina, Lorena, Arianna, Matteo, Valerio, Luigi (un pò dopo).
Assenti: Davide, Andrea, Camillo, Alice.


Zero
autopresentazione del formatore
brevi autopresentazioni dei partecipanti.
schema delle due giornate (fingiamo che i progetti siano finanziati, e cerchiamo di capire come farli)

Uno: introduzione al metodo di lavoro all'atteggiamento dei due giorni. 40'
Un tentativo di proporre allo stesso tempo il metodo di conduzione del lab e l'atteggiamento da tenere durante questa formazione: curioso alle cose ovvie, paziente e molto osservatore.
Gioco di coprire i nove punti con quattro segmenti senza staccare la penna dal foglio. Chi ci è riuscito spiega come ha fatto: non guardare i nove punti come un quadrato.
Grazie al lavoro congiunto di chi ci è riuscito e chi non ci è riuscito, portiamo l'esercizio alle sue conseguenze: "vedere un quadrato" è un meccanismo che ci racconta come funzionano i frame di cosa diamo per scontato; ed un esempio di come i frame, le premesse implicite, siano resistenti – anche i frame più semplici, quelli percettivi. Si lavora bene se si esce dal frame e lo si guarda da fuori.
"Vedere un quadrato" non è un fatto personale ma culturale. 
Da qui arriviamo all'atteggiamento dell'ascoltatore attivo - che Luigi reintepreta come doti del moderatore: 

Attivo (costruisce la realtà)
Dinamico (accoglie una pluralità di prospettive)
Goffo (valuta incidenti di percorso ed imbarazzi come momenti positivi di possibile riformulazione del frame)
Non cerca né la "soggettività" né l'"oggettività" ( me è esploratore di mondi possibili)
•Considera centrali le emozioni 
•E' attento alla forma
Come vi avevo segnalato durante l'incontro, le fonti di questo approccio sono Karl Lowith, Gregory Bateson e Marianella Sclavi. Sono tutte letture interessanti. 
In che modo vi sembra si possa tradurre in pratica della relazione quest'approccio teorico? Siete sicuri che si tratti semplicemente di essere "aperti al nuovo"? Esercizio: provate ad immaginare un caso concreto di laboratorio in cui l'esercizio di un ascolto attivo porti ad un'azione o reazione differente rispetto all'esercizio di un ascolto passivo.
 


Due: Presentazione della scala dei piani // esercizio di ritratto // discussione dell'esercizio. 1h 40'
Presentazione della scala dei piani (quasi) esattamente come fosse un laboratorio di PV
Nel corso della simulazione, la dinamica è stata simile a quella di un laboratorio (anche se, ovviamente, molto più rapida):  maiueticamente si nota come il pp sia emozione, il totale contesto ed azione. 

Forse c'è stata poca riflessività sul fatto che non era un insegnamento sostantivo, ma un meta-insegnamento? Non lo so, è stata una nostra impressione, pensateci.


Passando all'esercizio vero e proprio, probabilmente la maggioranza dei partecipanti l'ha preso come  un'esercizio di ripresa, cosa evidente nei commenti alle immagini degli altri e nella tensione nella presentazione del proprie. Bene di per sè, prima di insegnare bisogna imparare - a patto però che ad un certo punto si incominci a pensare a come comportarsi nel far fare questo esercizio a qualcun altro.
Curioso osservare come le immagini si dividessero in categorie a seconda dei quattro gruppi. Il primo gruppo ha costruito delle piccole fiction in tre atti, carine, molto visuali, lavorando sull'azione.  (La messa in scena è un meccanismo difensivo). Il secondo gruppo si è autoritratto collettivamente (stavano tutti fumando, e si sono raccontati nel fumare una sigaretta), in qualche caso più stilisticamente, in altri con più osservazione. Il terzo gruppo ha fatto comandare la messa in scena dall'attore (fai quello che vuoi, io ti riprendo). L'ultimo gruppo ha eseguito l'esercizio come si doveva: tre piani, che raccontano una persona. 
Elementi di riflessione:
A: cercare un ritratto intimo di un altro è un pratica difficile, un lavoro di cooperazione fra chi riprende e chi è ripreso. Spesso, in ultima analisi, le immagini raccontato principalmente la relazione fra attore ed operatore. (Nel caso dei due esercizi successivi, fra attore, operatore e pubblico) Questa centralità delle relazioni è evidente nel "conformismo di gruppo" delle riprese. La difficoltà di lavorare sulle interazione è evidenziata dal buon livello tecnico e lingistico delle riprese: anche se "si sa" riprendere, sulle intenzioni e sulle interazioni c'è sempre da lavorare... 
B: Le indicazioni del conduttore su come portare a termine l'esercizio erano volutamente abbastanza vaghe. In che modo gli spazi che ho chiuso e quelli che ho lasciato aperti hanno influenzato le iprese? Come formulare il compito da svolgere in un esercizio in modo da chiudere o aprire più spazi per la creatività del partecipante?
C: Infine: vista l'expertise della camera nel gruppo, dal punto di vista del linguaggio siamo andati molto avanti. In un laboratorio non succede così... esercizio: immaginando un gruppo di neofiti che abbiano eseguito l'esercizio dei tre piani "come si deve" (e cioè puro ritratto), escogitare degli altri esercizi che portino il gruppo a 1) rifare il ritratto inserendo la parola della persona ripresa 2) rifare il ritratto senza usare il suono 3) raccontare un'azione.
(Saper inventare un esercizio è importante: nonostante ci sia un set di esercizi sperimentati, spesso  passaggi dell'apprendistato sono improvvisati a seconda delle reazioni e delle resistenze del gruppo).


Tre: la camera in circolo: 40'
Esercizio classico: in cerchio, tutti intervistatori e tutti intervistati.  una domanda aperta: ripresenta il tuo progetto originario, cercando di convincerci. Seconda domanda: una domanda intima e personale a sorpresa, a scelta dell'intervistatore.
rivediamo le immagini, e scopriamo che  a volte la camera era spenta… rifacciamo ciò che manca.


Quattro: discussione di gruppo su un problema 1h 20'
[discussione post studio di caso.ppt]
Buona parte dei partecipanti devono andarsene. (Restano Luigi, Raffaele, Annalisa, Arianna, Luana, Alessandra)
Si dovrebbero fare due gruppi, se ne fa uno solo. L'incarico è assegnare tre ruoli (Presidente: coordina la discussone, dà i turni di parola, propone sintesi. Segretario: annota tutto. Presentatore: sintetizza la posizione del gruppo) e di arrivare obbligatoriamente ad un consenso sul tema.
ll problema in estrema sintesi e semplificando è un crisi di conduzione ed El Jem fra coordinatrice locale (che vuole il film per i diritti delle donne) e i partecipanti (che sono misogini).
Molta passione: si discute allo sfinimento.
Soluzione sostantiva ottima: non ci si arrende al gruppo nè si impone il punto di vista del trainer: Si lascia perdere temporaneamente il prodotto e si riapre il processo.
Forse ci è mancata un pò di riflessività esplicita sulla discussione nel gruppo: impatto dei ruoli, necessità di arrivare ad un consenso.

Attendiamo reazioni! Buon lavoro.
Théo e Stefano

giovedì 18 novembre 2010

La Casa di Mattoni

“Eccomi qua, e ora?”
Il progetto nasce dall’esigenza di favorire la cultura dell’appartenenza tra soggetti che condividono lo stesso territorio attraverso la modalità del Video Partecipativo,  strumento formativo comunicativo utile all’interno di comunità, spazi di aggregazione, centri per immigrati.

Origine dell’iniziativa
Da circa quattro anni la Comunità “Casa di mattoni” di Monteleone di Fermo accoglie minori stranieri non accompagnati. L’idea del progetto nasce dall'esigenza di offrire loro, sin dal loro arrivo in comunità, tutta una serie di informazioni utili alla loro interazione con il nostro tessuto sociale (come si sceglie un medico, cosa fare per iscriversi all'ufficio di lavoro, come avere agevolazioni, ecc.) attraverso uno strumento semplice, diretto e informale che possa sin da subito metterli in grado di orientarsi nel nostro paese.

Contesto e problematica
I minori accolti alla Casa di Mattoni hanno diverse provenienze: Afghanistan, Pakistan, Abania, Irak; sono ragazzi che arrivano in Italia spinti da necessità lavorative e/o in fuga da devastanti guerre; al loro arrivo nel nostro paese sono disorientati, non hanno conoscenza delle leggi sull'immigrazione, delle esigenze sanitarie ed occupazionali e sono in balia degli eventi esterni. Il compito dell'equipe interna alla comunità è quello di fornire loro tutto il necessario per il loro sostentamento, per la loro educazione, per la loro istruzione e per inserimenti lavorativi, all'interno di un clima, quello della “casa”, di affetto e relazioni emotive continue

Obiettivo generale
Obiettivo del progetto è quello di favorire la cultura dell’appartenenza tra soggetti che condividono le stesso territorio offrendo ai partecipanti l'opportunità di imparare a gestire le basi del linguaggio e le tecniche audiovisive come strumento per l'esplorazione, la comprensione e la comunicazione delle complessità culturale e i problemi nei suoi ambiti di vita.

Obiettivi specifici
Prima fase: formazione
Il progetto prevede una fase di formazione attraverso le modalità del Video Partecipativo con l’intento di creare un gruppo forte e coeso che possa poi sviluppare, all’interno del laboratorio, l’idea portante di un cortometraggio.
Seconda fase: narrazione
Questa fase ha come obiettivo quello di girare un cortometraggio (dinamico, diretto, semplice e magari divertente) con i ragazzi della comunità, nelle loro diverse lingue, che, mettendo in scena le problematicità dell’arrivo di uno straniero in Italia,  possa essere strumento di risoluzione sociale e di condivisione sul territorio.
Terza fase: condivisione e diffusione
In questa fase si realizza il DVD del cortometraggio e si porta avanti la distribuzione dei tale supporto  sia in maniera partecipativa (contatti diretti e presentazioni dal vivo in tutte le comunità della zona, negli sportelli immigrazione e in tutti i luoghi sociali che necessitano di tale strumento), sia in maniera multimediale con gli strumenti di social network di internet (Blog, Facebook, MySpace,ecc).

Il progetto è rivolto ai 10 ragazzi ospiti della Comunità e ai 5 operatori interni al servizio ed avrà una durata di 4 mesi (Da gennaio 2011 ad aprile 2011) con incontri settimanali di 4 ore ciascuno negli spazi della Comunità Casa di Mattoni.

Arianna fa un riassunto del primo appuntamento

Appunti dal workshop sul video partecipativo

Giorno 1° -
Fase di ideazione

Con il regista Alberto Bougleux abbiamo deciso di affrontare la fase di ideazione e progettazione di un laboratorio di video partecipativo. analizzato e distinto le idee del gruppo, alcune legate a contenuti generali (integrazione degli stranieri in Italia, rifugiati politici nel territorio marchigiani, sostenibilità ambientale, precariato socio-lavorativo, educazione interculturale giovanile, etc...); altre legate invece ad un luogo determinato (es. Centro minori migranti “Casa di Mattoni”, corso di italiano per stranieri, progetti di integrazione e multiculturalità del CVM di Porto S. Giorgio, il mio condominio...) o ad una proposta metodologica (tecniche di ricerca incrociate: produzione soggettiva di immagini da parte del target group identificato, videointerviste, videonarrazioni della vita quotidiana; la vita in carcere attraverso interviste individuali e collettive con giovani detenuti).

Spunti, idee e due interrogativi ai quali rispondere:
1) Cosa avviene durante un laboratorio di PV
2) A cosa serve il PV

Visioni: LAPA TV

Siamo passati poi ad analizzare gli elementi alla base del progetto di video partecipativo:
Il contatto con il territorio e le sue storie/problematiche
La figura del mediatore territoriale
Il progetto di PV come intervento di secondo livello
Il lavoro sul punto di vista “non esplorato” (quale? Per chi?)
La strumentazione utile per lavorare
L'aspetto formale del prodotto finale (documentario/fiction/animazione/video clip/…)
La comunicazione intorno al laboratorio: il canale del web come modalità di fruizione e partecipazione al progetto.
Modalità di continuità dei risultati sul territorio
Potenziale universale della comunicazione audiovisiva

Giorno 2° -
Fase della progettazione

L'attenzione è stata posta su esperienze di progetti complessi come ZALAB TV, un punto di partenza dal quale partire per ragionare sul canale di uscita del PV, sulla sua distribuzione attraverso il web e la società civile, e i mediatori territoriali.

Visioni: laboratori interculturali realizzato con gruppo non "marginali" (Tunisia - Germania)
Animazioni dei ragazzi di Stromboli

Riflessioni: trovare altri modi per raccontare una storia, sfidare l'immaginario televisivo

WORK
Si sono formati tre gruppi di lavoro e alla luce delle considerazioni e degli input dati si sono analizzati singolarmente i progetti di partenza e ogni gruppo ha scelto di lavorare su un progetto specifico concordato al proprio interno. Il lavoro di gruppo ha fatto emergere criticità e punti di forza di ogni singola idea.
Si è avviata una prima fase di stesura dei progetti e del quadro logico relativo, con ipotesi di budget.